Il tradizionale funzionamento della Moka
può essere ritenuto quasi un processo scientifico poiché è dalla scienza che
viene la conoscenza alla base del funzionamento stesso:
La fiamma sotto
la caffettiera non riscalda solo l’acqua ma anche l’aria sovrastante che rimane
riempiendo la caldaia. All’innalzarsi
della temperatura, secondo le leggi dei gas, l’aria aumenta la propria
pressione ed espandendosi inizia a spingere l’acqua che risale nel filtro,
bagnando il caffè.
La fase di
estrazione regolare
L’acqua calda,
non ancora all’ebollizione, spinta prima dalla pressione dell’aria e poi dalla
miscela aria/vapore, inizia a risalire nel filtro. Il caffè è completamente
imbibito di acqua dopo che ne sono risaliti 40 grammi. In questa fase l’acqua
passa attraverso il caffè senza grossa resistenza, sciogliendo le sostanze
aromatiche più solubili. Gli esperimenti mostrano che l’estrazione comincia
quando l’acqua è circa a 70 °C. Contemporaneamente, le particelle di caffè,
assorbendo parte dell’acqua si gonfiano, diminuendo progressivamente la
porosità del caffè e richiedendo, da questo punto, una pressione e una
temperatura più elevate dell’acqua per poter diffondere nel filtro e risalire
la colonnina.
Gli studi
sulla chimica dell’estrazione delle sostanze aromatiche presenti nel caffè
mostrano come a temperature diverse si estraggono con più o meno facilità
componenti aromatiche diverse, alcune desiderabili altre no. La temperatura
ottimale dell’acqua dovrebbe essere attorno a 90-93 °C. A temperature molto
superiori vengono estratte anche componenti aromatiche indesiderabili, che
portano note astringenti e bruciate. Temperature troppo basse invece non estraggono
componenti fondamentali del caffè, che risulta meno complesso e più acido. A
questo punto della nostra preparazione la fiamma del fornello dovrebbe essere
la più bassa possibile per ritardare l'ebollizione dell'acqua.
La fase
vulcanica
Quando il
livello d’acqua nella caldaia scende al di sotto del beccuccio del filtro,
inizia quella che possiamo chiamare fase vulcanica. La riduzione immediata di
pressione manda in ebollizione istantanea l’acqua che, mista al vapore, esce
sfiatando dalla caffettiera, spruzzando come fosse un vulcano sino a quando è
esaurita. Questa fase andrebbe evitata assolutamente e l’ebollizione ritardata
il più possibile. A temperature troppo elevate l’acqua estrae sostanze presenti
nel caffè tostato ma meno solubili a temperature più basse, ottenendo un caffè
più amaro, astringente, col sapore di “bruciato” e a volte di “medicinale”. Se
vi capita, non avete “bruciato” il caffè, ma estratto sostanze dal sapore
sgradevole già presenti nel caffè tostato e che lì dovrebbero rimanere.
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